Nell'anno scolastico 2004/2005, assistetti ad una quantomai grottesca lezione in una delle tante scuole italiane di fumetto. La lezione si sarebbe potuta tranquillamente intitolare: "Facciamo a pezzi Druillet". L'insegnante in questione, un mestierante prezzolato della peggior risma, sosteneva che Philippe Druillet era quanto di peggio il fumetto mondiale aveva prodotto, e che dietro la spettacolarità delle sue immagini si nascondevano gravi lacune e una totale insipienza in materia di sceneggiatura. Fui d'accordo solo sulla spettacolarità del disegno, e ricordai -tempo un nanosecondo- che Druillet aveva scritto sceneggiature anche per altri disegnatori, tra i quali: Alexis, Bihanic, Picotto, Moebius... Poi pensai alla ricchezza immaginativa delle sue storie come autore unico, e mi venne di paragonarla solo a quella di grandi scrittori come C.L Moore e Michael Moorcock, e nel fumetto -ma solo in parte- ai momenti più alti e riusciti di Le avventure di Luther Arkwright di Brian Talbot.
Pensai alle sue liriche, e mi vennero in mente gruppi rock come gli Hawkwind e i Blue Oyster Cult. Pensai al rigore con cui aveva reinterpretato Gustave Flaubert nella trilogia di Salammbò, e alle sperimentazioni ardite di Urm le fou: dove, contemporaneamente e Gianni De Luca ma molto prima di Frank Miller, strutturava narrativamente la tavola come pura scenografia nella quale far muovere i propri personaggi. Pensai anche a La Notte: che si poteva leggere come una vera e propria opera rock, e a Chaos, ultimo suo libro pubblicato in Italia nell'ormai lontano 2001: praticamente un'epica devota a Richard Wagner quanto a Jack Kirby. E infine ricordai tutte le idee grafiche/visive/narrative che, per la prima trilogia di Star Wars, George Lucas e il suo staff avevano praticamente "plagiato" dal secondo (I viaggi fantastici di Lone Sloane) e dal terzo (Delirius) dei volumi di Lone Sloane, il personaggio più importante e celebre di Druillet. E poi ancora altri "furti": da parte di Keith Giffen su La legione dei super eroi della D.C Comics, e perfino da Gosaku Ota per la sua apocalittica versione di Goldrake...
Il disprezzo che stavo provando verso quell'insegnate/fumettista, si mutò da rabbia (quasi incontenibile) a pena profonda: lui avrebbe continuato a baloccarsi con i suoi "capolavori" mensili targati Marvel, D.C, Bonelli... Io avrei coccolato in me, come un ninnolo prezioso, il piacere di amare e di aver sempre amato e compreso il genio di Druillet.
A lui le sue sicurezze (dogmatiche certezze?), a me gli occhi spalancati sull'infinito e la mente aperta all'imponderabile.